Nel 1413 il territorio della Chiesa di Sant’Avendrace si estendeva fino a Decimomannu. Si chiamava Regione di San Venerio o Santu Tenneru e venne donato dal Re Alfonso di Spagna a Bernardo Castagni.
E' la notizia più antica di Sant’Avendrace ed è riferita dal Fara in “Rebus Sardois“.
(De San Venerio Obispu pag. 12)
La vita religiosa a Cagliari nel 1600 era organizzata così: vi era la città alta, il Castello o Casteddu, con l'arcivescovo e la Chiesa Cattedrale pisana dell'architetto Fratìn del 1217, il seminario, le scuole pubbliche e l'Università. La città bassa comprendeva i "tre borghi di Stampace, della Marina o Lapola e di Villanova" ed il "sobborgo di Santu Tenneru in latino Sanctus Avendrax", titolare della chiesa parrocchiale, di attinenza a Stampace, ma da esso distinta (Cossu, Della città di Cagliari - pag. 10. Ed. Reale Stamparia 1780). Nel 1643 Sant'Avendrace è già parrocchia autonoma e in quell'anno il parroco era Don Salvatore Gallus (v. Quinque libri arch. arciv.).
Di questo secolo abbiamo anche un prezioso prospetto della Chiesa lasciatoci dal Carmona (Carmona - Alabancas de los Santos de Sardena del 1631 - pag. 125). Il tempio era una costruzione romanica a navata unica con abside ribassata, tetto a capanna e campanile a vela. La facciata e le pareti laterali erano decorate ad archetti e due piccole finestre laterali per parte davano luce dalla parte alta. Un proporzionato oculo circolare apriva il timpano, sovrastando la lunetta della porta rettangolare. Come altre chiese similari conservate ai tempi d'oggi, dentro era intonacata di colore bianco o leggermente colorata e l'altare era addossato all'abside in un presbiterio leggermente innalzato. Nel 1614 l'altare era situato sulla perpendicolare della tomba del Santo, in corrispondenza dell’attuale scala di accesso, mentre l’ingresso della chiesa era dalla parte opposta, in riva allo stagno, infatti prima dell’edificazione della ferrovia lo stagno era molto più vicino alla Chiesa. Nella Chiesa, sopra l'altare, vi era un grande retablo con la figura dipinta di Sant'Avendrace al centro e la scritta in latino: "A San Venerio, Arcivescovo di Cagliari". Doveva essere sufficientemente alta se mostrava un retabio in pittura di 5 o 6 palmi. In tale anno, secondo la relazione Delbecchi fu demolito il vecchio altare ed il retablo antichissimo, su cui S.Avendrace era dipinto con mitra e bacolo pastorale e sotto la scritta: Venerio AR.PUS CALA..NUS. Come era la nuova raffigurazione sopra l'altare: il Santo era raffigurato con le infule vescovili, mentre resuscitava un morto e contemporaneamente sedava una tempesta e fugava un mostro. Non mancava il corvo che gli portava un pane.
Un antico manoscritto latino del 1766 così tradotto dice: "Siamo stati colpiti da una grotta sotterranea che si dice e si crede sia stata la sua tomba, sotto forma di un bellissimo piccolo tempio il cui ingresso è coperto in legno con archetti perfetti".
Su tale perpendicolare stava il grande altare della chiesa antica, demolito nel 1614 per ordine del vescovo di allora mons. Desquivel, alla ricerca dei resti mortali del Santo.
Agli inizi del secolo scorso inizia la costruzione della strada statale "Carlo Felice" che attraversa il borgo completamente, divenendone la strada più importante, denominata Viale Sant'Avendrace, cioè la porta d'ingresso alla città sul lato ovest. Vengono edificate sui due lati della via le prime case : "I bascius" ben descritti da F. Alziator e successivamente verranno edificati i primi villini in alto sulle falde iniziali del colle di Tuvixeddu.
Dall'archivio storico del Comune di Cagliari si ha notizia che nel 1855 si era dato corso alla riparazione della copertura della chiesa e che nell'anno successivo è stata calcolata la spesa sostenuta, a rendiconto.
La chiesa di Sant'Avendrace è descritta molto bene dal canonico Giovanni Spano nella sua "Guida storica di Cagliari" edita nel 1861: all'ingresso dal Viale Sant'Avendrace c'era una mezza colonna di lumachella (roccia calcarea compatta costituita in massima parte di gusci di conchiglie fossili marine usata come pietra ornamentale), simile a quella che stava in piazza del Carmine, ed un viale alberato portava fino alla Chiesa. Essa era molto semplice e povera, con 4 cappelle laterali e l'altare centrale, senza l'abside e più corta di 6 m rispetto all'attuale. Nella prima cappella a sinistra entrando, dedicata alla Madonna del Rosario, vi era al centro un bel dipinto della Vergine con San Domenico a destra e Sant'Avendrace alla sinistra. Nel paliotto ligneo si poteva ammirare un'altra pittura raffigurante la Madonna che libera le anime del Purgatorio. Era molto interessante la presenza, in una nicchia vicina, di una bella scultura della Vergine dei Rosario del Pili circondata da 15 ovali di legno, dipinti finemente ad olio (conservati gelosamente), sebbene siano copiati. Vicino, chiuso da un rastrello a pavimento (una inferriata a pavimento). Vi era l'ingresso di un piccolo santuario scavato nel corpo della chiesa, che si dice sia stata la sepoltura del Santo Titolare, ha una piccola volta a botte e nella fine vi è una mensa per celebrarvi la messa. La seconda cappella veniva dedicata a Sant'Avendrace. L'altare centrale era situato all'altezza della gradinata del presbiterio, e dentro una nicchia sistemata in alto troneggia una bella statua del Santo Titolare. All'altro lato, nella prima cappella uscendo, vi era un simulacro di S.Efisio, raffigurato in una statua di legno dorato molto antica. Nella cappella seguente una statua in abiti, della Vergine dei Dolori, di poco conto. Tra le due cappelle, una nicchia con una meravigliosa statua di Gesù Risorto, opera del Lonis.
Dalla descrizione del canonico Spano si evince che nel 1861 la chiesa aveva già le cappelle laterali e che vi erano statue dei santi di un certo pregio, andate poi disperse.
Nelle mappe catastali del cessato Catasto terreni, riferibili alla seconda metà dell'ottocento, la chiesa viene riportata al centro di un vasto terreno, praticamente nella posizione e dimensione attuale, eccetto l'abside, con le cappelle laterali già presenti ed alcuni locali al contorno. Si notano in pianta alcune differenze, che paiono derivate da accessi differenti dall'attuale. Il cortile fronteggia il viale Sant'Avendrace per tutta la sua limitata larghezza, mentre tutto il compendio fiancheggia la "Via di Chiesa", unica traversa in sinistra del Viale che la metteva in comunicazione con la Via Santa Gilla destra.
Nella mappa d'impianto del nuovo catasto terreni di fine ottocento la situazione non cambia, ma la chiesa pare più ampia, ha un perimetro più regolare avendo inglobato alcune appendici laterali.
All'inizio del secolo la chiesa era conservata più o meno come nel precedente, ma è andata progressivamente decadendo tanto che l'allora parroco Adeodato Massa (su Preri Massa dalle spiccate doti profetiche) chiede al Comune di Cagliari il versamento di un contributo simile a quello già concesso in precedenza " visto lo stato di povertà della chiesa, mancante persino del campanile e dell'orologio.
Lo stesso don Massa, nel Liber Cronicon, oltre ad un’ampia descrizione degli arredi della chiesa riporta ciò che egli stesso ha realizzato ex novo: tutti i cinque altari della chiesa (il maggiore più quelli laterali), tutte le 4 cappelle laterali e cioè quella di S. Antonio, dell’Assunta, del S. Cuore e del Rosario (in quest’ultima colloca il battistero proveniente dalla chiesa della SS. Annunziata); dieci nicchie in marmo; tre ambienti attigui alla chiesa di cui il più piccolo destinato ad archivio; le pitture della volta e delle cappelle, lo stucco lucido alle pareti delle cappelle e le dorature dell’altare maggiore; il pavimento in pianelle di cemento su tutta la chiesa e i locali attigui; le balaustre del presbiterio e delle cappelle; la ricostruzione dei muri di cinta del piazzale de del restrostante “vecchio cimitero” (attuale cortile posteriore); l’elevazione della porta e del cancello; la riparazione delle tettoie e del piccolo campanile; l’acquisto di tre campane nuove (due per il campanile e una per l’interno) benedette poi dal vescovo Mons. Saturnino Peri; la lapide marmorea nel sepolcro di Sant’Avendrace; acquisto di otto nuove statue: S. Cuore, S. Giuseppe, S. Antonio, Vergine di Lourdes e Bernadette (scomparsa), S. Luigino (scomparsa), Ecce Homo (ora scomparso), Desolata dorata (attuale Addolorata) e due angeli in legno smaltati di bianco (scomparsi); del cospicuo arredo di oggetti e paramenti sacri non rimane quasi nulla. I lavori curati da don Massa, che si collocano tra il 1900 e il 1920, conferiscono alla chiesa l’aspetto che risulta nella foto più antica esistente del 1937, aspetto che rimarrà fino al 1954, quando verranno completati i lavori di ampliamento con la costruzione dell’abside.
Dopo la prima guerra mondiale, nel 1921 l'allora Parroco Monsignor Giuseppe Orrù, (che fonderà dopo la seconda guerra mondiale la "Congregazione delle Ancelle della Sacra Famiglia") lanciò un programma di poche parole "Chiesa più grande e più bella" e mobilitò tutto il quartiere. Ciascuna famiglia s'impegnò a versare mensilmente una cifra secondo le proprie possibilità, in questo modo venne raccolta una somma consistente. Anche le associazioni religiose contribuirono realizzando un teatrino domenicale il cui incasso venne devoluto per i lavori della Chiesa. Il 12 agosto del 1923 viene benedetta la statua del santo patrono, statua che ora non c’è più. Nel 1929 Monsignor Orrù divenne canonico e rettore del Seminario Arcivescovile e lasciò la cura della parrocchia al dott. Salvatore Cabras, che fece eseguire lavori di ripristino degli intonaci, di tinteggiatura, e ampliò lo scarso impianto elettrico della Chiesa, ponendo in opera delle luci alle pareti, mentre dietro l'altare venne sistemato l'organo antico. Il muro posteriore, dietro l'altare era in linea con l'ultimo arco, ed aveva due grandi finestroni ed al centro una grande nicchia dove c'era la statua di Sant'Avendrace. In Chiesa vi era già il bel pulpito in marmo policromo (realizzato in marmo dalla ditta Luigi Onali, costato 3000 lire e inaugurato il 13 settembre 1920; esso sostituiva il vecchio e fatiscente pulpito in legno che nel 1918 era stato portato dalla chiesa di S. Francesco di Paola) e la balaustra in marmo con l’inginocchiatoio, dalla cui fattura a lume di naso e sull'alea dei ricordi, parrebbe certamente di fattura settecentesca: mentre la cripta era divenuta sempre accessibile in quanto il vano della scala era recinto da una bella ringhiera in ferro battuto opera dell’artigiano Eusebio Atzeni, di Sant’Avendrace.
Una foto degli anni trenta descrive la chiesa piena di fregi e di ornamenti.
Il trenta luglio del 1930 viene effettuato un sopraluogo della Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. nella chiesa e nella cripta e poi con una nota scritta dichiarare che nulla di monumentale si rilevava, eccezion fatta per la Tomba del Santo.
Nel 1945, alla fine del conflitto mondiale, il parroco don Emilio Secci, per conto del " Comitato per l'ampliamento della Chiesa di Sant'Avendrace " invia una nota alla Soprintendenza (B.A.P.P.S.A.E.) per chiedere un parere preventivo sul progetto di ampliamento della chiesa.
La risposta arriva a stretto di giro di posta col la disposizione di ampliare la chiesa nella parte anteriore a scapito del piazzale, ma tali lavori vengono rimandati.
Grandi trasformazioni sono avvenute dopo il 1950.
La via Isonzo, la vecchia e sopracitata "Via di Chiesa", confinante per un lungo tratto col lato sinistro della chiesa e col cortile antistante e retrostante, era una strada molto stretta, denominata "Su Strintu de Cresia", forse da prima dell'edificazione del viale.
Nella via Isonzo erano posizionate, alte fuori terra circa un metro, due grosse tubazioni di diametro di circa 40-50 centimetri cadauna, tubature dell'Agip (simili a quelle che erano posizionate in viale La Playa ed in Via San Paolo) che servivano per inviare i combustibili dal deposito costiero di via Santa Gilla ai depositi ad uso militare di via Col Dechele e dintorni. Una di queste tubazioni ebbe una perdita e la benzina penetrò sul suolo, per giungere alla falda freatica causando l'inquinamento della sorgente d'acqua dolce, acqua non clorata, sempre esistita nella cripta e ritenuta miracolosa dai devoti (e non) di Sant'Avendrace. Il parroco d'allora, don Salvatore Lecca, nativo di Monserrato, poi divenuto notaio e decano della Curia, una mattina, accedendo alla cripta, sentì un forte odore di benzina. Ragionando sulle conseguenze possibili non vi scese con una candela accesa, ma tornò indietro per munirsi di una torcia a batteria. Si rese conto subito che l'odore di benzina proveniva dalla sorgente e che solo le condutture di fianco alla Chiesa potevano essere le cause di tale infiltrazione. Prese i debiti contatti con l'Agip che subito intraprese i lavori per eliminare la perdita e per bonificare la zona. Ritenne, come risarcimento per le molestie causate alla popolazione, di dover intonacare la cripta con ricca malta cementizia, trasformando così la tomba del Santo in un "bunker di trincea". Cosa fece la Soprintendenza non è dato sapere nè monsignor Lecca, più volte intervistato da Chicco Pusceddu, che lo ebbe come insegnante all'Istituto Bacaredda ed andò a fargli visita anche in tarda età, ebbe a dire che non ritennero di dover intervenire.
Nel 1952, ebbero inizio dei lavori sostanziosi, forse finanziati dalla Regione Sarda e la chiesa fu totalmente restaurata, restando chiusa al pubblico per due anni. Fu rifatto il pavimento con marmittoni lucidati a piombo, sul pavimento esistente , venne rifatta la copertura in tegole sarde, furono ripristinati gli intonaci con conseguente cancellazione dei fregi antichi. Il presbiterio era cinto da una bella balaustra in colonnine in marmo, su un gradino in marmo che era l'inginocchiatoio per la comunione. L'altare maggiore a tre ordini, ricco di marmi, vecchio di qualche secolo e che faceva bella mostra a tre gradini, fu totalmente demolito e ricostruito in modo differente, mentre furono recuperate alcune lapidi antichissime, forse facenti parte dell'altare antico, che era posizionato sopra la cripta dei Santo. L'organo antico venne demolito e sostituito da un armonium!
Poi fu costruito l'abside in calcestruzzo, a scapito del cortile posteriore che si rivelò essere il vecchio cimitero del quartiere. L'abside a cupola semicircolare venne dotata di due finestrelle per parte mentre alla fine della navata centrale furono realizzate aperture simmetriche per l'accesso al vestibolo ed alla sacrestia, che era allora l'ultimo vano in destra.
La statua di Sant'Avendrace fu sistemata su un piedistallo e sovrastava l'altare. Le quattro cappelle laterali avevano tutte il loro altare. Il fonte battesimale era piuttosto scarno.
Fu rifatto tutto il muro perimetrale del piazzale parrocchiale, eccessivamente alto , nascondendo di fatto la Chiesa alla vista dei passanti e fu posto in opera il grande cancello a due ante in ferro lavorato a mano, sull'arco ottocentesco d'ingresso al piazzale e un cancelletto sulla via Isonzo. Detti lavori ebbero termine ad aprile del 1954 e la chiesa fu riconsacrata dal Vescovo monsignor Paolo Botto.
Nel 1962, quando era parroco don Vincenzo Olla, fu effettuato il rivestimento delle pareti della Chiesa con lastre in travertino, credendo di dare un aspetto più decoroso alla chiesa, i cui intonaci erano sempre cadenti a causa dell'umidità imperante. Al fine di ampliare l’aula venne demolito il pulpito con la colonna che lo sosteneva. Inoltre venne fatto realizzare a Massa Carrara il Fonte Battesimale con bassorilievo del Battesimo di Gesù, su disegno del maestro d'arte Gino Serra, nostro parrocchiano, che sostituì quello ottocentesco proveniente dalla chiesa dell’Annunziata.
Negli anni 70 vennero predisposti i progetti per dotare la chiesa di un alto campanile a pianta quadrata ed un porticato anteriore ma il progetto non venne approvato dal Comune di Cagliari perché a firma di un perito edile, Aldo Orrù, nostro parrocchiano, giudicato professionalmente non all'altezza del compito affidatogli. Dopo qualche mese il progetto venne riproposto a firma dell'ing. Italo Contu, nostro parrocchiano, progettista del primo palazzo a sei piani e con i portici nel Viale Sant'Avendrace , ma venne ugualmente respinto perché "la soluzione architettonica proposta sia per il prospetto che per il campanile, in relazione alle proporzioni ed al rapporto dei volumi dell'uno rispetto all'altro non erano assolutamente accettabili dal punto di vista compositivo dell'insieme". Forse mancò la giusta determinazione di parroco e curia , alla luce dei tanti progetti privi di tali requisiti che vennero approvati nella ricostruzione della Cagliari post bellica.
Altri lavori sono stati eseguiti nel 1973, in epoca post-Concilio Vaticano II, quando era parroco don Andrea Cocco: si decise di demolire l'altare maggiore e la balaustra con colonnine in marmo, al fine di ampliare la navata centrale e realizzare un moderno presbiterio, realizzando una semplice mensa in marmo come altare, per permettere al celebrante delle funzioni religiose di essere di fronte ai fedeli. Fu realizzato il tabernacolo di lato rispetto alla navata centrale con fregi in legno castagno, scolpito a mano da un artigiano locale, il sig. Antonino Orrù, e fu posizionata l'antica porticina in argento, che era nel vecchio altare. Fu poi demolito il pulpito in marmo policromo ed il baldacchino, forse nella convinzione di ampliare la navata centrale, demolendo anche il pilastro in marmo che lo sosteneva, di fianco ai banchi, e che faceva bella mostra nella cartolina degli anni trenta. Fu un errore imperdonabile simile alle ristrutturazioni effettuate da mons. Bua nelle chiese ad Oristano.
Fu sostituito il vetusto portone in legno con uno moderno in pitch-pine, più consono al luogo e venne realizzata internamente la bussola con la soprastante tribuna per sistemare il coro.
Venne fatto poi costruire l'ambone in stile sardo in legno intagliato a mano.
Nel 1988, parroco don Fernando Sanna, sono state murate tutte le nicchie dei Santi e la statua lignea di Sant'Avendrace venne spostata dall'altare maggiore nella cappella laterale sinistra per far posto al grande Crocifisso rimosso dall'altare dell'Addolorata.
Nel 1995, la chiesa così si presentava. Nella prima cappella a sinistra, vi era il fonte battesimale, la seconda cappella aveva un altare con una statua del Cristo, nella terza cappella vi era la statua del Santo Patrono, e di seguito il vestibolo. Il tabernacolo era posto sul lato destro della navata centrale, mentre al centro dell'abside troneggiava un grande Crocefisso.
Sull'altro lato vi era prima la Sacrestia, poi un ufficio parrocchiale, quindi una cappella con altare e statua di San Giuseppe col Bambino Gesù, ed una di Santa Rita, infine nell'ultima cappella una statua della Madonna col Bambino.
Nel 2001, a cura del nuovo e giovane parroco don Marcello Contu, vengono eseguiti altri lavori che comprendono la tinteggiatura di tutta la Chiesa e del prospetto esterno, lavori eseguiti sotto la guida della Soprintendenza alle Antichità e Belle Arti di Cagliari. Vengono inoltre riaperte le due nicchie dell’ultima cappella a sinistra, per posizionarvi le statue di Santa Rita e Padre Pio.
Viene riaperta l’antica nicchia di San Giuseppe, e vengono ripristinati gli antichi fregi in marmo, che erano stati conservati gelosamente da un nostro parrocchiano. La Statua di Sant’Avendrace trova degna sede nella nicchia della 2° cappella a destra, mentre in quella di sinistra vi è Il Sacro Cuore di Gesù. Vengono poi posizionati due antichi tabernacoli in marmo ove prima vi era il pulpito. Don Marcello Contu prosegue nell’opera di abbellimento della Chiesa facendo realizzare dei bassorilievi in ceramica da un noto e valente artista isolano, Claudio Pulli. Il pannello maggiore, collocato nella navata centrale a destra, rappresenta la vita di S. Avendrace, mentre altri dieci più piccoli rappresentano rispettivamente episodi dell’Antico e del Nuovo testamento e sono collocati nelle cappelle laterali; a causa dei lavori del 2011 questi pannelli sono stati rimossi e attendono di essere ricollocati.
Nel 2008 arriva in parrocchia quale parroco monsignor Ottavio Utzeri, che celebra la sera la sua prima messa in parrocchia. Durante l'omelia, intravisto il Sindaco di Cagliari fra i fedeli, lo invita a rendersi conto delle deficitarie condizioni della chiesa, molto umida e malsana. In poco tempo riesce a far predisporre un progetto di grande spessore per cercare di far trasformare la chiesa in Santuario. Tale progetto comprende tutto il risanamento delle murature dall'umidità, il rifacimento completo del tetto con travi in legno e tavolato ad hoc e manto di tegole sarde, e la demolizione sistematica di tutte le opere posticce e degli intonaci per porre in vista le originarie murature antiche al fine di far emergere l'originaria situazione.
Tali opere hanno posto in luce che il vano ultimo a destra dell'altare, adibito nel corso del tempo a sacrestia, poi ufficio parrocchiale ed ora annesso in pianta stabile alla chiesa, è un locale molto antico, forse molto più della chiesa stessa, ed ha una copertura a volta crociata in mattoni pieni, di ardua realizzazione ma in in ottimo stato d'uso. Esso è realizzato con blocchi di tufo squadrati grossolanamente, di antichissima fattura e dotato di diverse aperture a piano pavimento, molto antiche, e di finestre contrapposte, ricavate nella muratura ed anch'esse di antichissima fattura, per fornire il massimo della luce agli ambienti. Atteso che le finestre non si aprivano su locali esistenti ma per il loro posizionamento servivano a fornire una costante illuminazione durante il giorno, tutto ciò farebbe supporre che tale locale sia stato il primo impianto della chiesa antica. Infatti la tradizione orale millenaria dice che la chiesa venne edificata dopo che il 13 settembre del 203 dopo Cristo venne ritrovata la tomba di Sant'Avendrace. Infatti dopo circa 130 anni dalla sua morte i fedeli non avevano mai smesso di cercare, tanta era la fama della santità di Avendrace. Poi sulla verticale della tomba del Santo venne edificata una Chiesa.
Inoltre si è voluto sostituire la statua del Santo Patrono, con altra scolpita in legno di ciliegio dalla Casa d'Arte Stuflesser di Bolzano, realizzata sulla base dei dipinti molto antichi custoditi nella Curia Arcivescovile e rappresentanti Sant'Avendrace. Venne poi addobbata con una bella lamina d'argento la porta del tabernacolo - e fatti restaurare i mobili antichi della sacrestia. La chiesa, a causa dei lavori in corso, come detto, venne trasferita nel salone parrocchiale, che venne particolarmente addobbato per essere utilizzato come edificio di culto.
Il successivo parroco don Fabrizio Porcella ha fatto eseguire altri lavori, anch'essi importanti quali la meccanizzazione computerizzata del suono delle campane, che per 4 volte al di' segnalano l'andar del tempo e poi ha fatto realizzare l'impianto elettrico della chiesa a norma di legge ed altre opere minori.
Dopo l’ingresso del nuovo parroco Don Alessandro Simula, nel novembre 2019 iniziano i lavori di restauro che completano quelli terminati nel 2011. Questi lavori, finanziati dalla Regione Sarda per un importo di euro 586.549,43 sono eseguiti dal Comune di Cagliari su progetto dell’Arch. Maria Luisa Mulliri a cui è affidata anche la direzione dei lavori, su esecuzione della Ditta Tecno Costruzioni di Gangi (PA). Essi comportano la rimozione totale del pavimento e lo scavo della navata centrale e delle cappelle, del cortiletto posteriore, l’abbassamento di circa un metro del sagrato anteriore e conseguente innalzamento della facciata, la demolizione della ex sede scout a destra della facciata, la costruzione di una “quinta” a destra del sagrato per separarlo dai saloni ACR, l’abbassamento del muro di cinta del cortile anteriore e il posizionamento di un’inferriata che permetterà la visone della chiesa dalla strada, la sistemazione generale del cortile. All’interno della chiesa, il pavimento sarà ricostruito in cotto, sotto il quale viene realizzato un grande vespaio di “granchi” prefabbricati al fine di contrastare l’umidità di risalita che è il secolare problema dell’edificio. Da ricostruire interamente anche il presbiterio il cui progetto è stato affidato all’Arch. Terenzio Puddu dell’Ufficio tecnico della Curia mentre il lavoro sarà eseguito dalla Ditta Desogus Marmi di Elmas; questo progetto prevede la realizzazione ex novo dell’altare maggiore (che sostituisce la piccola e inadeguata mensa ormai demolita), dell’ambone, della sede presidenziale e della nuovo tabernacolo che sarà collocato nel vecchio vestibolo a sinistra del presbiterio realizzando così una dignitosa cappella eucaristica, adatta per l’adorazione individuale del SS. Sacramento. Tra i progetti futuri c’è anche la realizzazione di un piccolo museo che raccoglierà il “tesoro” della parrocchia (soprattutto argenti, quadri e paramenti), i manoscritti più antichi e significativi, i reperti trovati negli scavi, la documentazione foto e video dei lavori effettuati e la storia del culto di S. Avendrace.
Particolarmente suggestivi e interessanti sono stati i risultati dello scavo archeologico dopo la rimozione del pavimento in tutta la chiesa. Oltre a numerosi reperti (per lo più frammenti ceramici che vanno dall’età punica a quella altomedievale) lo scavo ha portato alla luce numerosissime sepolture individuali (quasi 200 quelle complete con alcuni elementi di corredo funebre e risalenti per lo più al XVII-XVIII sec.) e resti di strutture murarie di epoca medievale che, nell’insieme, suggeriscono nuove ipotesi sulle fasi costruttive della chiesa antecedenti il XVII sec. Proprio per approfondire queste prospettive di studio, nel mese di agosto è stato richiesto un ulteriore finanziamento regionale che è stato concesso nella misura di euro 400mila; a causa della burocrazia, questo rifinanziamento ha purtroppo comportato una fermata dei lavori che perdura ormai dal mese di luglio 2019 rimandando così a data incerta la riconsegna della chiesa, con tutti i pesantissimi disagi che la comunità parrocchiale è costretta a subire. Tuttavia l’aspettativa di nuove scoperte e di nuovi approfondimenti sostiene la prospettiva di ricostruire più compiutamente la storia di questo edificio di cui si conosce pochissimo e, al tempo stesso, di scrivere un nuovo capitolo della storia di Cagliari.
È comunemente chiamata dai fedeli "Su Presoneddu de Santu Tenneru".
Oggi a momenti non si avverte che sotto la chiesa parrocchiale a pochi passi dall'ingresso principale appena sulla sinistra, c'è la famosa grotta dove sono stati sepolti nell'antichità i resti mortali di S.Avendrace. Una volta veniva notata a prima vista per la vistosa ringhiera di ferro battuto, a dire degli anziani, costruita- da un famoso artigiano locale Eusebio Atzeni, e prima ancora nel 1700 per le elaborazioni artistiche in legno, come riferisce un manoscritto del 1766: "siamo stati colpiti da una grotta sotterranea che si dice e si crede sia la sua tomba, sotto forma di un bellissimo piccolo tempio, il cui ingresso è coperto in legno con archetti perfetti". In questa grotta racconta la tradizione antichissima e ininterrotta, con la testimonianza di tutti gli storici più famosi del 1600 vennero seppellite le -spoglie mortali del 5° Vescovo di Cagliari, S.Avendrace morto il 14 marzo dell'anno 85(alcuni riferiscono 87) all'età di soli 40 anni, mentre era Papa S. Clemente e Imperatore romano Domiziano. Prima era una semplice grotta probabilmente una delle tante tombe fenicie della zona, poi è stata trasformata in luogo sacro. Qui è vissuto per 2 anni S.Avendrace; da una fenditura della roccia prendeva aria e da lì entrava anche il famoso corvo, che ha salvato la vita del Santo durante la malattia coi pezzi di pane che portava. C'era anche una sorgente, di cui c'è ancora la traccia e l'acqua veniva ricercata dai fedeli come miracolosa, la si beveva e ci si lavava la faccia o le parti malate. Da questa grotta ogni notte S. Avendrace partiva per incontrare, visitare e confortarci prigionieri rinchiusi nella grotta/carcere di S. Efisio in Stampace.
Davanti, sopra la tomba, c’era un piccolo altare e, perpendicolare alla tomba, il grande altare della Chiesa antica demolito nel 1614 per ordine del Vescovo di'allora Mons. Desquivel alla ricerca dei resti mortali del corpo del Santo. Nella Chiesa sopra l'altare vi era un grande retablo con la figura dipinta di Sant’Avendrace al centro e la scritta in latino: "A San Venerio, Arcivescovo di Cagliari".
Nella parte sinistra della grotta si vedono due lapidi e un quadro con la scritta in latino e la traduzione italiana già citata. La prima preziosa lapide si deve leggere così: Beatae memoriae Veneri Archiepiscopi Calaritani (Traduzione: Alla beata memoria di Venerio o Avendrace, Arcivescovo di Cagliari) qui vixit annos quadraginta (che visse per 40 anni) repositus in pace kalendis maij (riposto in pace il 14 marzo). La seconda riga si deve leggere cosi: Archiepiscopus fecit parare maiorem custodiaro (L'Arcivescovo fece preparare una custodia [delle sue spoglie mortali] più degna). La seconda lapide è un'antica pianella di marmo del vecchio altare, demolito nel 1614, consumata dal tempo e dall'uso e indica questa grotta come la tomba del glorioso S. Avendrace. La tomba, dopo lo smarrimento iniziale, è stata rinvenuta il 13 settembre dell'anno 203 e da quel tempo lontano sempre ininterrottamente è stata custodita e venerata.
È chiusa all'esterno con 3 grate di ferro fissate al pavimento. Si accede all'interno per mezzo di 19 gradini, originariamente scavati nella roccia e dal 1952 rivestiti di cemento. La grotta situata ad un dislivello di 3,70 metri, ha perso l'aspetto gretto e dal 1700 è a forma di piccolo tempio rettangolare con queste misure : lato lungo m 4,98, lato corto m 2,05, altezza ai lati m 2,10, altezza al centro m 2,60. La circolazione dell'aria avviene per mezzo di una canalizzazione ricavata sotto l'ingresso principale della Chiesa, con l'imboccatura iniziale di 65 x 53 cm e con filtro esterno di ferro.
Una statuina di S. Avendrace, alta m 1,20, è stata donata dalla famiglia Padroni e venne fatta predisporre secondo antichi dipinti dal sig. Lazzarino Palla, la cui famiglia è stata sempre molto devota al nostro Santo. Egli l'aveva in casa dal 1929. Fu poi restaurata dal maestro d'arte Sig. Gino Serra (nostro parrocchiano) e poi risanata da un altro nostro parrocchiano, il sig. Giorgio Caddeo, autore di un certosino e pregevole lavoro. Essa troneggia al centro su un altarino di legno di ginepro, delle dimensioni di 140 x 60 cm al piano e 80 cm di altezza. La tomba di S.Avendrace normalmente viene aperta al pubblico nel periodo delle celebrazioni in onore del Santo a marzo e a settembre.